Questa è la storia di Manfredo dei Mlòt
( detto il Malabraga )
e della sua consorte Romilda
" Le avventure di Manfredo e Romida "
di Matteo di Melotti
( parte decima )
Manfredo aveva ormai imparato a memoria la ricetta lasciata da suo padre Sigifredo, con l'avvicinarsi di questo periodo, il periodo balsamico come lo definiva la tradizione, esaminò con discrezione tutti gli alberi di noce, intorno al borgo, la tradizione come raccomandava anche la ricetta, indicava la notte di San Giovanni come il momento migliore per la raccolta e la preparazione del liquore, giorni prima acquistò sotto banco da un brentatore oltre al vino ,anche l'idromele, bevanda antica a base di acqua e miele fermentato in cui si sarebbe posto in infusione i malli e spezie per aromatizzare, aggiungendo altro miele, come suggerito nella ricetta, una preparazione che si presentava come un rito solenne, raccolta di trentatré malli di noci, tagliati a croce, lasciati a macerare nel fermentato per quaranta giorni e quaranta notti, al sole e sotto l'influsso della luna ...
Dopo i vespri, in cui tutti si riunivano sotto la grande quercia a recitare il rosario, la notte di san Giovanni con la luna piena come da tradizione, dopo aver sistemato, tutti gli amuleti e feticci di protezione, la scopa e il forcone fuori la porta di casa e il sale grosso sulla soglia, le donne accompagnate dalle figlie più giovani si dedicavano alla raccolta delle erbe, assieme a loro si univa anche Madonna Romilda, mentre Manfredo indifferente s'attardava al monastero nell'attesa di andare anch'esso alla sua raccolta ...
Sulla pergamena del vecchio brentatore, era inoltre consigliato di far raccogliere i malli di noce da una vergine, in mancanza d'altro il Malabraga, si portò con se la Tilde, una gattina nera, la più giovane della cucciolata ...
Con un bastone ricurvo piegava i rami e prima di staccare, allungava la gattina facendogli toccare il mallo ... all'improvviso si accorse che la Tilde era sparita o perlomeno sembrava misteriosamente sgusciata dalla sua mano, guardandosi smarrito intorno, con la lanterna incontrò davanti a sé una figura apparentemente inquietante, una fanciulla ...
Lo stupore e il timore, durarono poco nel cuore di Manfredo, subito capì con cosa o meglio con chi aveva a che fare, non era certo la prima volta che si trovava ad affrontare situazioni simili, con indifferenza accettò l’aiuto della bimba e raccolsero i trentatré malli di noce necessari, a quel punto riapparve la gattina accucciata dentro il cesto sulle noci, come un ombra addormentata, però alzando nuovamente lo sguardo nel buio debolmente illuminato dalla candela, il Munificentissimo si trovò circondato da tre bambine ...
Istintivamente si buttò in ginocchio, brontolando preghiere col paternoster in mano, e versando acqua santa per terra , da una piccola ampolla, affinché le tre figure sparirono in una nebbiolina fine ...
Capitava spesso al cavaliere di incontrare certe entità ,in particolare lui ... il Diavolo, Satana appariva sempre nelle forme più innocenti o familiari, a volte animali o clienti, compari, viandanti, oppure in sogno, nel riflesso dei vetri, tra i raggi del sole filtrati dagli scuri delle finestre, capitava di intrattenersi nella penombra di quell'angolo della locanda, parlando da solo o giocando a scacchi col maestro nei pigri pomeriggi anonimi del chiostro, lo sguardo cambiava, e mezzi sorrisi erano indizio di suggestioni diaboliche, lusinghe insistenti e gentilezze invadenti, troppe confidenze, mettevano in guardia Manfredo che ingaggiava lotte spietate, combattute però con eleganza, danzando con le parole, in un fiume poetico di prediche e preghiere, poiché le subdole armi in campo non erano certo rozze spade o coltellacci, ma lame molto più affilate, maneggiate con abilità ... le parole ...
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